lunedì 1 settembre 2008

finché c'è il sole

Sono ancora in questo verde protetto e quasi gabbia. Respiro, cammino lentamente. Costruisco un immagine di me per te, mi procuro la serenità perdendomi tra le salite e discese di sanpietrini, di riflessioni sul bordo del muro scrostato.
Non ho molti pensieri per il futuro. Non cerco di averne in questo prossimo mese.
Due destabilizzazioni d'amore. Papà e tu che sarete in ospedale. Dopo tre giorni uscirai, probabilmente. Papà non so quanto ancora dovrà restarci.
Non so niente e non mi domando molto in realtà. Io monto come le maree, perciò sto aspettando il momento, caricando il vano sulla mia schiena, come un canguro al contrario, come la testa di uno scimpanzè.
Giovanni mi da una regolata. Il nostro amore è la mia vita e la mia culla infinita. Ma mi sferza nella mia tempesta e non lascia che mi addormenti. A volte mi assopisco.
Non so cosa voglio troppo specificatamente. Ci potrebbe essere quelcosa da scrivere presto, soprattutto ora, perché dopo mi dicono che ogni tre ore, che non avrò tempo.
Il mio pensiero è il tempo, il mio pensiero cresce e si snoda quando perdo tempo. E quando ne ho bisogno so crearlo, armonizzarlo sfruttarlo come un ettaro di terra fertile per i pomodori, che sempre rinascono ormai, fino ad autunno inoltrato finché c'è il sole.
La praticità della mia vita che desidero. Il sogno irreale della mia vita che vorrei.
Tutto c'è qua dentro.
Scrivere qualcosa, un libro, una sceneggiatura. Quello che c'è galleggia ma ha un porto? Una riva?

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