mercoledì 9 gennaio 2008

don't give up

polpo giù dal cielo
bluastronero
da questa stanza esce un'altra
da questa stanza prigione calda
le dita sanno cosa indicare
le dita sanno confezionare
chi cerca trova e i cocci sono suio
ma noi povera gente che stiamo qua senza niente
mancava il profilo nella scena del delitto e il rigagnolo di inchiostro
sulla fine di questa pagina
morta

lunedì 7 gennaio 2008

eternauta

non so cosa sia l’eternità
io mi infilo sotto un dito d’acqua e credo di essere la prima
invece a parlare è sempre qualcuno senza voce, o in asincrono,
il fantoccio bruno sul sedile del bus che guarda un poco la signora, il signore, il bambino, il migliore.
c’è già la neve dentro il tetto biancoguardare il soffitto non è mai stato arduo
ma solo il cielo ricorda davvero è paglia viola e html dentro la fila di macchine belle
quando cammino e inciampo su terra odore di mele, cacao, fili di guerra.
Aleppo è la città più dolce mandorle liquide occhi di donna
tu siedi al banco del fuoco, hai tanti anni e vivi di pacchi di carta, spago e sonagli.
fra pochi istanti si chiude la trasmissione cerco uno schermo bianco
pura visione

esprit de

en vacance de l’esprit

giorni a pendolo oscillano nella campana di cartetra le mani lingue ingenue
sacchi aperti e rivoltati in tasche
e scivola un dolce martirio come il ciondolo di un orecchino
male sento che vira in bene come un cavallo si scuote per bere la porta si apre nel luminosolembo di fracasso entrato nel grembo
lineulum lo pieghi in quattro parti schiacci noci e parli da gigante ma nulla scuce l’orlo di questa vita come questa parola
infinita

bruciata

Bruciata

Quando hai detto
Ti tengo
Il piede sopra il picco maggiore e primo
E quello minore dopoMentre il filo scheggiato del cardo mi entra nel palmo
Tra scarpa e piede.
Quando hai detto
Ti tengo
La vita d’uccello
D’alta quota restava impigliata tra roccia e roccia
Sbattendo l’ala di un’eco breve e gaia.
Quando hai detto
Ti tengo
L’anima floscia galleggia sul mio petto
Mi punge d’argento e gonfia di dolorose spighe
E sbatto gambe indietreggiando nel vuoto e sbatto braccia
Vissute di nuovo.
Ferisco le mani sul destino del mondo, la pietra è un osso
Di gomma e bosco.
L’acqua mi cola come sangue sbagliato, come
Morte inattiva, come fiato pallido.
Dall’altra riva mi guardi e il gesto è di presa
Con la mano arpionata al vento e la maschera che trema.
Il respiro è una voce che non conosco
Corrispondente al contrarsi del cuore di uovo.
Saette tagliano la densità del corpo si sbriciolano in piani inesistenti
E mi tuffo di nuovo.Il buio lo accendo di movimento interno, oscillamento
Ridiventa tormento.
Assorda il silenzio piombato di nulla,il respiro pulsante s’inceppa, s’incurva.
Non so chi sono, dove sto andando,mi sento nemico costretto al tuo ballo.
Ma poi c’è una luce dal corpo che arriva.
Non sei un fondale ma quasi una riva.
Il resto del mondo mi passa vicino, la vita, la morte è un
Ricordo vicino.

mammelle

ho una chitarra, ho cominciato a studiare.
so leggere, rileggere, fare, rifare, ma non so se basta. ho chiesto e deciso di provare a ricominciare a imparare qualcosa. la musica, non ne capirò mai niente, ma vorrei provare almeno a capire le note sul pentagramma e magari toccare una corda con un piccolo senso.
questo mi diverte, questo mi piace. facio cose che mi piacciono ancora.
provo a fotografare ma la telecamera è ancora ferma avvolta da ragnatele mentali.
il resto cresce vedo con più calore, tutto acquista una luce migliore.

oggi ricomincio con questo lavoro he ho. devo fare e far bene, ma sono fortunata. paradossalmente fortunella, e stamattina ho lasciato una casa silenziosa e fiocchi di dolcezza sul pavimento.
vorrei scrivere una storia e cosa aspetto?