Dentro una gabbia. E' ancora buio e le tapparelle soffocano l'aria. "Dammi quattro! Gira, gira...!". "Stringiti bene, nun fa scherzi, daje tre giri". Sistemo con la mano nel buio i libri sul comodino, prima che scivolino. Ecco: Virginia è caduta, aperta, su Eliot. A tentoni trovo la bottiglia d'acqua. Bevo come fosse piena notte, e una sete da pazzi. Invece saranno le otto, otto e trenta.
Scivolo fuori dalle lenzuola accartocciate, allargo la fessura di luce verso il corridoio, e già arriva il cigolio della carriola. Su e giù, giù e su. La visuale fuori dalla finestra è spezzata dai tubi. Il silenzio frantumato dall'arcigno sbattere del metallo, mentre le auto arrivano e vanno, vanno e vengono.
Non faccio neanche pipì anche se mi scappa e mi siedo furtiva al computer. Lo accendo e quel tempo già mi pare perso. Non ho tanta pazienza, allora mi alzo e srotolo la schiena, allungo le braccia verso l'alto. Sono vestita? Ho una camicia da notte estiva ed è solo marzo, ma la notte ho sempre caldo. La spallina è bella alta, non si intravede nulla dalla finestra. Una corda mi oscilla davanti "Altri tre e settantacinque!".
Solo il rumore mi preoccupa. E il non poter girare per casa non vestita. Dovermi affacciare prima di passare anche solo davanti a una stanza con delle finestre mi scoccia un po'. Non poter piangere troppo. O urlare troppo, che capita e come se capita. Questa non è una casa degli spiriti. Qui si rivoltano carne e pelle.
Sento che il LAVORO invade lo spazio intimo, privato, della vita qual è. Il LAVORO degli altri che mi pare così, visibile e reale, qui a camminare davanti alla mia finestra dalle sette alle sedici. Il LAVORO si muove come un teatro cinese di figurine di cemento e mattoni. Il LAVORO è fatto di minuti e secondi uno dietro l'altro, a tirare e abbassare, misurare e attaccare, sollevare e trasportare, stringere e intonacare.
E' una coperta di voci, alcune come strilli degli animali della giungla, su e giù dalle impalcature come macachi "Eho" "Ahiì" "Vai", e rimbalzano da una terrazza all'altra, scivolando lungo le assi che inclinandosi salgono, si fissano, sbattono al muro e ci assediano con piglio incalzante, senza discrezione. Sul balcone occupato è terra di nessuno. I vasi sono accatastati e tutto è polvere e secchielli, polvere e tenaglie, intonaco e spatole, coltelli, cazzuole, pinza, frattazzo, badile, martello, scalpello, pialla. Su "Google" il mio muratore ha proprio tutto. Mi siedo, il computer ora è acceso. Controllo la posta e arriva uno sconquasso dietro l'orecchio. Viene dalla cucina. Va bene: questo concerto comincia a diventare familiare, in un certo senso è come se mi sentissi protetta. La fune fuori dalla finestra è rimasta sospesa, tesa verso terra, e oscilla. Il "controllore", come lo chiamo io, ha una faccia bonaria, striglia per bene tutti, anche un ragazzetto secco "scrocchi'ossitti" con gli occhi azzurri e la faccia scolpita e scura. "Stringi bene quella fune, cazzo! Alla cavalla (?). Poi dici che...". Un poco tendo il collo per vedere sotto, e lo vedo: sta lì, col naso piatto in su e le braccia incrociate a "guardare". Non mi va di farmi vedere. Se devono vedermi lo decido io. Sono veloci, però, più veloci del solito. Non ho grandi parametri rispetto ad altri cantieri. ma a me paiono veloci. Non so se sia un bene o un male. Apro la mia cartella "15", prendo "Cane" e mi sembra di esser pronta ma ecco un'altra voce, e un martello. Voce e martello. "NOOO!" urla il regista da sopra. Che sarà successo? Dio, pare sempre che stia per accadere qualcosa. Tra queste voci e i rumori che si sovrappongono corre una tensione innaturale, come prima di una battaglia, come se stesse sempre per accadere un evento da scongiurare. C'è l'eccitazione da catastrofe imminente. Passa nei loro sguardi, nei movimenti dei loro muscoli, nel senso di controllo verticale. Sorvegliare. Sorvegliare e punire. Che farà "scrocchi'ossitti" tornato a casa? Ce l'ha una moglie o dei figli? Quanto guadagna al mese? Più di me? Cosa vede al cinema? Ogni tanto piove un "Ooooh!". Ce l'hanno con me? Perché questi suoni entrano in casa mia, mentre sono seduta al computer, o ancora nel letto, o sotto la doccia. E se uno di loro cade. Sono tre impalcature, fissate al muro. E' questo che si teme ma si accetta, come rassegnati a una compagna sempre presente ma silenziosa? Hanno il caschetto, prima uno non ce lo aveva quando gli ho fatto il caffè. Neanche un galletto ha voluto.
...
...
Beh, ora avete smesso? Cos'è questo silenzio? E la corda? Dov'è finita? E la carrucola lancinante?Per favore, riprendete a martellare, a urlare, a tirare su le funi e battere coi martelli e far tremare i muri, i vetri, l'aria di urla e voci.
Formicola il mio pc. Clicco il mouse. Sono le 16. A domani.